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Dal libro:
STUDIO PASSARELLI
cento anni, cento progetti

a cura di Ruggero Lenci
Electa Mondadori
Gennaio 2006

Giorgio Muratore


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E’ un caso assai raro quello di poter avere sotto gli occhi l’attività di uno studio di architettura che ha svolto con ininterrotta continuità familiare il suo lavoro per oltre un secolo. Forse addirittura un caso unico nel suo genere, almeno a Roma. Eppure è quello che accade sfogliando le pagine di questo volume ove sono state raccolte in sintesi cronologica un centinaio di opere per un numero circa pari di anni a testimonianza di uno dei più prestigiosi studi romani di architettura: lo Studio Passarelli. Si tratta quindi in certo modo di un unicum che testimonia con abbondanza di documentazione lo sviluppo secolare di un’attività professionale svolta lungo l’arco di più generazioni che dalla fine del diciannovesimo secolo, fino ad oggi, ha contribuito in maniera determinante alla definizione di un’immagine architettonica e di una realtà urbana capace in più di un’occasione di identificarsi con l’immagine stessa della città di Roma.
A partire dalle prime opere di Tullio Passarelli, fino a oggi, attraverso il lavoro di almeno tre generazioni di architetti romani ecco quindi snodarsi una vicenda che nella sua sintesi ripercorre in formule significative l’esperienza architettonica di una città, le sue metamorfosi, i percorsi logici e culturali, professionali e figurativi che, dalla Roma umbertina, appena capitale, giunge fino a noi.

Un'opera che pare segnare un'ulteriore motivo di flesso e di approfondimento metodologico sui linguaggi del contemporaneo è senz'altro il Collegio Internazionale Notre Dame sulla via Aurelia ove la specifica domanda della committenza statunitense pare indicare, da un lato, un'aperta adesione ai caratteri di una stesura planimetrica di schietta marca anglosassone e, dall'altro suggerire una serie di soluzioni di ordine figurativo non difficilmente ascrivibili alla metabolizzazione delle esperienze miesiane. Qui l'eco delle strutture didattiche dell'IIT risuona in diretta consonanza con lo spirito più profondo di tante altre architetture dello Studio rinnovando nella essenzialità della nuova proposta attitudini e sensibilità profonde, capacità di ascolto e di intesa con alcune località centrali del dibattito sulla modernità più risoluta e radicale. Un testo importante per verificare, ancora sul piano della qualità architettonica, un'intesa intellettuale cui forse non fu estraneo anche il contributo di Bruno Zevi che, proprio in quegli stessi anni, si produsse senza risparmio quale il più inesausto tramite tra Italia e USA, tra l'architettura italiana e quella statunitense.
Nell'edificio, sicuramente una delle tappe centrali nel lavoro dei Passarelli in questi anni, si respira, cosa rara per Roma, un'aria "internazionale", estesamente anglosassone, che ne fa a sua modo un unicum nel contesto capitolino dei sessanta.

It is extremely rare to be confronted with the activities of an architectural office that has been in existence for over a century and with an uninterrupted generational continuity. Perhaps it is even a case that is unique in its genre, at least in Rome. Yet this is what we observe as we flip through the pages of this book that contains a chronologically synthetic collection of one hundred projects from an equal number of years, a testament to one of the most prestigious architectural firms in Rome: the Studio Passarelli. In a certain way we are dealing with a unicum that testifies, with an abundance of documentation, to the century-long development of a professional activity carried out by multiple generations which, from the end of the 19th-century to the present, has contributed in a determinant manner to the definition of an architectural image and an urban reality that, on more than one occasion, can be identified with the very image of the city of Rome.
From the first works by Tullio Passarelli to the present, the work of at least three generations of Roman architects presents us with a history that, in its synthesis, follows the architectural experiences of a city, its metamorphoses and the logical, cultural, professional and symbolic paths which, from Rome at the time of Umberto I, (only recently named as the Capital city), arrives at our present era.

Another work that appears to further mark the reason for the inflection and the methodological investigation into the languages of the contemporary is without a doubt the International College of Notre Dame, located along the via Aurelia. The specific requests made by this American client appears to indicate, on the one hand, an open adhesion to the characteristics of the structure of a plan that is clearly and genuinely Anglo-Saxon and, on the other hand suggests a series of design solutions that can be easily ascribed to the metabolisation of Mies' experiments. Here the echo of the educational structures of IIT are in direct consonance with the more profound spirit of many other works by the firm, renewing, in the essentiality of the new proposal, profound attitudes and sensibilities that are capable of listening and understanding to the particular and central issues of the debate regarding the most resolute and radical modernity. This building represents another important text for verifying, at the level of architectural quality, an intellectual understanding to which the contributions of Bruno Zevi were not extraneous and who, precisely during these years, acted as the connection between Italy and the United States, between Italian and American architecture.
This building, surely one of the central points in the Studio Passarelli's work during these years, represents the experience of something that is rare in Rome: an "international" air and extremely Anglo-Saxon which makes it, in turn, a unicum within the Capital city during the 1960's.